“Questa Corte ha più volte ribadito che l’accettazione del paziente in una struttura pubblica o privata deputata a fornire assistenza sanitaria ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale trova la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive (talvolta definito come contratto di spedalità, talvolta come contratto di assistenza sanitaria) con effetti protettivi nei confronti del terzo. Le Sezioni unite, nel confermare tale ricostruzione, hanno valorizzato la complessità e l’atipicità del legame che si instaura tra struttura e paziente, che va ben oltre la fornitura di prestazioni alberghiere atteso che, in virtu’ del contratto che si conclude con l’accettazione del paziente in ospedale, la struttura ha l’obbligo di fornire una prestazione assai articolata, definita genericamente di “assistenza sanitaria”, che ingloba al suo interno, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi cd. di protezione ed accessori. Pertanto, la responsabilità della struttura ricondotta all’inadempimento di obblighi propri della medesima, per un verso, si muove sulle linee tracciate dall’articolo 1218 c.c. e, per l’altro, in relazione alle prestazioni mediche che essa svolge per il tramite dei medici propri ausiliari, consente di fondare la responsabilità dell’ente per fatto dei dipendenti sulla base dell’articolo 1228 c.c..
A fronte dell’obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall’assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a carico della struttura (ente ospedaliero o casa di cura), accanto a obblighi di tipo lato sensu alberghieri, quelli di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. Con la conseguenza che la responsabilità della struttura (casa di cura o ente ospedaliero) nei confronti del paziente ha natura contrattuale che può dirsi “diretta” ex articolo 1218 c.c., in relazione a propri fatti d’inadempimento (ad esempio in ragione della carente o inefficiente organizzazione relativa alle attrezzature o alla messa a disposizione dei medicinali o del personale medico ausiliario o paramedico o alle prestazioni di carattere alberghiero) e che può dirsi, sia pur soltanto lato sensu, “indiretta” ex articolo 1228 c.c., perché derivante dall’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale ausiliario necessario dell’ente, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo “un collegamento” tra la prestazione da costui effettuata e la organizzazione aziendale della struttura, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche “di fiducia” dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto (Così, Cass. S.U. 11 gennaio 2008, n. 577, Rv. 600903; tra tante, di recente, Cass. 30 settembre 2009 n. 20547, Rv. 632891).
La Corte territoriale non ha mostrato di fare buon governo dei principi ora richiamati allorquando, nell’affrontare il tema dei rapporti interni tra coobbligati solidali (sanitario e casa di cura), ha violato la regola dettata in via generale dall’articolo 1298 c.c., secondo la quale l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori in parti che si presumono eguali, “se non risulti diversamente”.
In particolare, la violazione è consistita nell’aver ritenuto, per un verso, superata la presunzione di divisione paritaria pro quota dell’obbligazione solidale dettata dalla richiamata norma, limitandosi la Corte territoriale ad escludere la corresponsabilità della struttura sanitaria soltanto sulla base della considerazione che la colpa fosse “ascrivibile esclusivamente alla condotta del chirurgo”, del tutto omettendo di considerare il duplice titolo in ragione del quale la struttura rispondeva solidalmente del proprio operato – ovvero sia contrattualmente per fatto proprio (derivante dalla prestazione sanitaria dovuta) sia oggettivamente per fatto altrui (derivante dall’operato della equipe sanitaria) ex articoli 1218 e 1228 c.c. – e, per l’altro, nell’aver omesso di esaminare il fatto decisivo consistito nell’avere la consulenza tecnica d’ufficio ravvisato “elementi di imprudenza e negligenza nel comportamento del Dottor (OMISSIS) e dei sanitari della Casa di cura” (relazione depositata in primo grado pag. 3) e rilevato che la responsabilità dell’intervento fosse da ritenersi distribuita su tutta l’equipe che aveva eseguito l’intervento (osservazioni rese dal consulente in sede di chiarimenti) e quindi omettendo di verificare, in concreto, ai fini della ripartizione interna delle parti dell’obbligazione solidale, se risultasse una diversa incidenza del fatto di inadempimento della struttura rispetto a quello del sanitario al fine del superamento della presunzione di riparto dell’obbligazione in parti eguali.Inoltre, la Corte territoriale non ha considerato che l’accertamento del fatto di inadempimento imputato al sanitario non fa venire meno i presupposti ne’ della responsabilità della struttura ai sensi dell’articolo 1228 c.c. (posto che l’illecito dell’ausiliario è requisito costitutivo della responsabilità del debitore), ne’ della responsabilità della stessa struttura ai sensi dell’articolo 1218 c.c. (sia che tale colpa riguardi la prestazione principale sia che essa riguardi l’inadempimento degli altri obblighi derivanti dal contratto di spedalità o di assistenza sanitaria), in tal guisa mostrando di non aver fatto corretta applicazione dei principi in tema di riparto dell’onere probatorio, più volte affermati da questa Corte in materia, che consentono al creditore istante la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative) e fanno gravare sul debitore (sanitario e struttura) l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento (Cass. 12 dicembre 2013, n. 27855 Rv. 629769), onere che va tenuto fermo anche in relazione ai rapporti interni tra condebitori solidali proprio al fine di verificare se la presunzione pro quota paritaria possa dirsi superata”.