Libro IV (Delle obbligazioni), Titolo III (Dei singoli contratti), Capo XX (Dell’assicurazione), Sezione I (Disposizioni generali), in particolare:
Art. 1897 (Diminuzione del rischio) “Se il contraente comunica all’assicuratore mutamenti che producono una diminuzione del rischio tale che, se fosse stata conosciuta al momento della conclusione del contratto, avrebbe portato alla stipulazione di un premio minore, l’assicuratore, a decorrere dalla scadenza del premio o della rata di premio successiva alla comunicazione suddetta, non può esigere che il minor premio, ma ha facoltà di recedere dal contratto entro due mesi dal giorno in cui è stata fatta la comunicazione. La dichiarazione di recesso dal contratto ha effetto dopo un mese”.
Il rischio può, in pendenza del contratto di assicurazione, diminuire (art. 1897 c.c.) o aggravarsi (art. 1898 c.c.), in entrambi i casi si determina un’alterazione dell’equilibrio causale fra le prestazioni, ovvero un’alterazione tra l’ammontare del premio e l’entità del rischio. L’assicuratore ha facoltà di sciogliere il contratto, con il recesso, salvo che non preferisca ridurre (art. 1897 c.c.) o aumentare (art. 1898 c.c.) l’entità del premio medesimo.
Con riguardo appunto alla sopravvenuta onerosità del contratto per uno dei contraenti (artt. 1897, 1898 c.c.), va evidenziato che la regolamentazione prevista in ambito assicurativo non è in linea – almeno per ciò che riguarda la posizione dell’assicuratore – né con i principi generali (art. 1467, co. 3, c.c.)[1], né con quelli speciali (art. 1664, co. 1, c.c.)[2] sulla onerosità sopravvenuta del contratto. Infatti, in caso di diminuzione del rischio, a fronte del diritto dell’assicurato di pagare un premio minore, l’assicuratore non subisce la risoluzione (fatta salva l’offerta di riduzione a equità) secondo lo schema di cui all’art. 1467 co. 3, c.c., né è tenuto ad accettare la riduzione del premio (e dunque l’adeguamento del contratto) sulla base del modello di revisione ex art. 1664 c.c., ma ha la “facoltà di recedere dal contratto entro due mesi dal giorno nel quale è stata fatta la comunicazione” (art. 1897, co. 1, c.c.); in caso di aggravamento, ossia di maggior onerosità per l’assicuratore, questi, sempre in deroga ai comuni principi appena enunciati, non è tenuto ad accettare il premio maggiore che l’assicurato eventualmente potrebbe essere disposto a versare, ma può liberamente recedere dal contratto[3].
Tale disciplina speciale ha la funzione di proteggere la massa degli assicurati, consentendo all’assicuratore di valutare i comportamenti più opportuni per preservare la comunione dei rischi.
[1] Articolo 1467 c.c. (Contratto con prestazioni corrispettive) “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458.
La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto.
La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”.
[2] Articolo 1664 c.c. (Onerosità o difficoltà dell’esecuzione) “Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo.
Se nel corso dell’opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendono notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso”.
[3] R. Giovagnoli – Manuale Diritto Civile 2019