Cass. Civ., Sez. III, Sent., (data ud. 25/02/2011) 07/06/2011, n. 12408

i: Poiché l’equità va intesa anche come parità di trattamento, la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell’integrità psico-fisica presuppone l’adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi che, in difetto di previsioni normative (come l’art. 139 del codice delle assicurazioni private – D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 – per le lesioni di lieve entità conseguenti alla sola circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), vanno individuati in quelli tabellari elaborati presso il tribunale di Milano, da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto[1];

ii: La Corte di cassazione ha stabilito che nella liquidazione del danno alla persona, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l’adozione della regola equitativa di cui all’art. 1226 c.c. deve garantire non solo l’adeguata considerazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi. E’ intollerabile ed iniquo, secondo il giudice di legittimità, che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché le relative controversie siano decise da differenti uffici giudiziari. “Equità”, ha affermato al riguardo la Corte, vuol dire non solo proporzione, ma anche uguaglianza. Dall’affermazione di questo generale principio la Corte ha tratto la conclusione che, nei suoi compiti di giudice della nomofilachia, deve rientrare anche quello di indicare ai giudici di merito criteri uniformi per la liquidazione del danno alla persona, e tali criteri sono stati individuati nelle “Tabelle” di riferimento per la stima del danno alla persona elaborate dal tribunale di Milano, trattandosi del criterio più diffuso sul territorio nazionale. Da ciò consegue che, d’ora innanzi, sarà censurabile per violazione di legge la sentenza di merito che non dovesse applicare il suddetto criterio, ovviamente senza adeguatamente motivare lo scostamento da esso. La sentenza si segnala altresì per essersi la Corte preoccupata di indicare alcune direttive – per così dire – di “diritto intertemporale”, precisando che le decisioni di merito già depositate, e non passate in giudicato, le quali non abbiano liquidato il danno biologico in base alle tabelle del Tribunale di Milano, non saranno per ciò solo ricorribili per cassazione (per violazione di legge), se sia mancata in appello una specifica censura in tal senso, e se la parte interessata non abbia prodotto agli atti nel giudizio di appello copia delle suddette tabelle[2];

iii: In tema di scontro tra veicoli, l’accertamento in concreto della colpa di uno dei conducenti non comporta, di per sé, il superamento della presunzione di colpa concorrente dell’altro, all’uopo occorrendo che quest’ultimo fornisca la prova liberatoria, ovvero la dimostrazione di essersi uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle della comune prudenza, e di essere stato messo in condizioni di non potere fare alcunché per evitare il sinistro. Tuttavia ove non sia possibile per il danneggiato, per l’evidenza della condotta colposa dell’altro conducente, dimostrare quale diverso comportamento avrebbe dovuto adottare, si deve pervenire alla affermazione della esclusiva responsabilità di colui che ha tenuto la condotta in sé del tutto idonea a cagionare l’evento[3];

iv: I criteri di liquidazione del danno biologico previsti dall’art. 139 cod. ass., per il caso di danni derivanti da sinistri stradali, costituiscono oggetto di una previsione eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica nel caso di danni non derivanti da sinistri stradali. (Cassa con rinvio, App. Bari, 06/10/2005)[4].


[1] Resp. civ. on line, 2011; Corriere Giur., 2011; Nuova Giur. Civ., 2011; Ragiusan, 2011

[2] Sito Il caso.it, 2011

[3] Resp. civ. on line, 2011

[4] CED Cassazione, 2011; Danno e Resp., 2011 nota di HAZAN, PONZANELLI