Cass. Civ., Sez. III, Sent., (data ud. 19/05/2004) 30/07/2004, n. 14638

i: La responsabilità e i doveri del medico non riguardano solo l’attività propria e dell’eventuale equipe, che a lui risponda, ma si estende allo stato di efficienza e al livello di dotazioni della struttura sanitaria in cui presta la sua attività, e si traduce in un ulteriore dovere di informazione del paziente. Il consenso informato, personale del paziente o di un proprio familiare, in vista di un intervento chirurgico o di altra terapia specialistica o accertamento diagnostico invasivi, non riguardano soltanto i rischi oggettivi e tecnici in relazione alla situazione soggettiva e allo stato dell’arte della disciplina, ma riguardano anche la concreta, magari momentaneamente carente situazione ospedaliera, in rapporto alle dotazioni e alle attrezzature, e al loro regolare funzionamento, in modo che il paziente possa non soltanto decidere se sottoporsi o meno all’intervento, ma anche se farlo in quella struttura ovvero chiedere di trasferirsi in un’altra. Pertanto, se è vero che la richiesta di uno specifico intervento chirurgico, avanzata dal paziente, può farne presumere il consenso a tutte le operazioni preparatorie e successive che vi sono connesse, e in particolare al trattamento anestesiologico, allorché più siano le tecniche di esecuzione di quest’ultimo, e le stesse comportino rischi diversi, è dovere del sanitario, cui pur spettano le scelte operative, informarlo dei rischi e dei vantaggi specifici e operare la scelta in relazione all’assunzione che il paziente ne intenda compiere[1].

ii: In caso di insussistenza di un nesso causale tra l’intervento di intubazione ed il danno da afonia lamentato dal ricorrente, ne consegue che, escluso definitivamente in punto di fatto detto rapporto eziologico, non v’è spazio per accertare se occorresse o meno il consenso informato sul punto[2];

iii: Nel contratto di prestazione d’opera intellettuale tra il chirurgo ed il paziente, il professionista, anche quando l’oggetto della sua prestazione sia solo di mezzi, e non di risultato, ha il dovere di informare il paziente sulla natura dell’intervento, sulla portata ed estensione dei suoi risultati e sulle possibilità e probabilità dei risultati conseguibili, sia perché violerebbe, in mancanza, il dovere di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto (art. 1337 c.c.), sia perché tale informazione è condizione indispensabile per la validità del consenso, che deve essere consapevole, al trattamento terapeutico e chirurgico, senza del quale l’intervento sarebbe impedito al chirurgo tanto dall’art. 32 Cost., comma secondo, (a norma del quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge), quanto dall’art. 13 della Costituzione, (che garantisce l’inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica), e dall’art. 33 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (che esclude la possibilità d’accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarlo e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità; ex art. 54 c.p.). L’obbligo d’informazione, che si estende allo stato d’efficienza e al livello di dotazioni della struttura sanitaria in cui il medico presta la propria attività, riguarda i soli rischi prevedibili e non anche gli esiti anomali, e si estende alle varie fasi degli stessi che assumono una propria autonomia gestionale, e, in particolare, ai trattamenti anestesiologici. In ogni caso, perché l’inadempimento dell’obbligo d’informazione dia luogo a risarcimento, occorre che sussista un rapporto di casualità tra l’intervento chirurgico e l’aggravamento delle condizioni del paziente o l’insorgenza di nuove patologie. (Nella specie, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato la domanda dell’attore che assumeva danni subiti per una inadeguata manovra d’intubazione nel corso di un intervento chirurgico per artoprotesi all’anca, facendo valere la responsabilità del chirurgo per mancanza di consenso informato in relazione al trattamento anestesiologico, dal quale sarebbe derivato il danno fonetico; nell’occasione, la Corte di Cassazione ha reputato corretta la sentenza d’appello che, confermando la decisione di primo grado, aveva escluso la sussistenza del nesso di causalità tra il trattamento d’intubazione orotracheale e la disfonia che aveva colpito il ricorrente)[3];

iv: In tema di responsabilità medica, la mancata o insufficiente informazione circa i rischi connessi al trattamento non è fonte di responsabilità ove manchi il nesso di causalità tra l’intervento ed il pregiudizio[4].


[1] Guida al Diritto, 2004

[2] Resp. civ. on line, 2004

[3] Mass. Giur. It., 2004; CED Cassazione, 2004; Resp. civ., 2007

[4] Giur. It., 2005; Resp. civ., 2007