i: In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, l’acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico, dal cui inadempimento deriva – secondo l'”id quod plerumque accidit” – un danno conseguenza costituito dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente, patite dal primo in ragione dello svolgimento sulla sua persona di interventi non assentiti, danno che non necessità di specifica prova, ferme restando la possibilità di contestazione della controparte e quella del paziente di allegare e provare fatti a sé ancor più favorevoli di cui intenda giovarsi a fini risarcitori. (Rigetta, CORTE D’APPELLO MILANO, 09/04/2014)[1];
ii: Deve ritenersi che il paziente che invochi, con relativa domanda risarcitoria, l’incompletezza del consenso informato e quindi l’inadempimento del correlativo obbligo dei sanitari di somministrargli le informazioni necessarie per formarlo, alleghi implicitamente il danno a quella sua libera e consapevole autodeterminazione che, in base a quanto accade normalmente e per riferirsi la lesione ad un diritto personalissimo e relativo alla sfera interna del danneggiato, si ricollega quale conseguenza ineliminabile alla carenza di un quadro informativo competo e ben compreso o spiegato a chi dovrebbe valutarlo come base di una responsabile decisione[2].
[1] CED Cassazione, 2017
[2] Quotidiano Giuridico, 2017