In materia di responsabilità da cosa in custodia, sempre che questa non sia esclusa dall’oggettiva impossibilità per l’ente pubblico proprietario o gestore di esercitare sul bene quel potere di governo in cui si estrinseca la custodia, il giudice, ai fini dell’imputabilità delle conseguenze del fatto dannoso, non può arrestarsi di fronte alla natura giuridica del bene o al regime o alle modalità di uso dello stesso da parte del pubblico, ma è tenuto ad accertare, in base agli elementi acquisiti al processo, se la situazione di fatto che la cosa è venuta a presentare e nel cui ambito ha avuto origine l’evenienza che ha prodotto il danno, sia o meno riconducibile alla fattispecie della relativa custodia da parte dell’ente pubblico. Ove tale accertamento risulti compiuto con esito positivo, la domanda di risarcimento va giudicata in base all’applicazione della responsabilità da cosa in custodia, dovendo valutarsi anche l’eventuale concorso di colpa del danneggiato ai sensi dell’art. 1227 c.c. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la decisione del giudice di merito che si era arrestata alla considerazione che l’incidente stradale sarebbe stato causato dall’eccessiva velocità mantenuta dal conducente, senza valutare la situazione in concreto del “guard-rail” e della sua conformazione e se la stessa richiedesse l’apprestamento di soluzioni idonee ad evitare, in caso di fuoriuscita di un veicolo, il verificarsi di danni alla persona)[1].
[1] Bollettino legisl. tecnica, 2007; Arch. Giur. Circolaz., 2008