Cass. Civ., Sez. III, Sent., (data ud. 11/07/2013) 12/09/2013, n. 20904

i: La prova del nesso causale quale fatto costitutivo della domanda intesa a far valere la responsabilità per l’inadempimento del rapporto curativo si sostanzia nella dimostrazione che l’esecuzione del rapporto curativo, che si sarà articolata con comportamenti positivi ed eventualmente omissivi, si è inserita nella serie causale che ha condotto all’evento di preteso danno, che è rappresentato o dalla persistenza della patologia per cui si era richiesta la prestazione o dal suo aggravamento fino anche ad un esito finale come quello mortale o dall’insorgenza di una nuova patologia che non era quella con cui il rapporto era iniziato. La dimostrazione di uno di tali eventi, connotandosi come inadempimento sul piano oggettivo, essendosi essi verificati a seguito dello svolgimento del rapporto curativo, e, quindi, necessariamente – sul piano della causalità materiale – quale conseguenza del suo svolgimento, è ciò che deve darsi dal danneggiato ai fini della dimostrazione del nesso causale[1];

ii: Allorquando la responsabilità medica venga invocata a titolo contrattuale, cioè sul presupposto che fra il paziente ed il medico e/o la struttura sanitaria sia intercorso un rapporto contrattuale (o da “contatto”), la distribuzione, “inter partes”, dell’onere probatorio riguardo al nesso causale deve tenere conto della circostanza che la responsabilità è invocata in forza di un rapporto obbligatorio corrente fra le parti ed è dunque finalizzata a far valere un inadempimento oggettivo. Ne consegue che, per il paziente/danneggiato, l’onere probatorio in ordine alla ricorrenza del nesso di causalità materiale – quando l’impegno curativo sia stato assunto senza particolari limitazioni circa la sua funzionalizzazione a risolvere il problema che egli presentava – si sostanzia nella prova che l’esecuzione della prestazione si è inserita nella serie causale che ha condotto all’evento di danno, rappresentato o dalla persistenza della patologia per cui era stata richiesta la prestazione, o dal suo aggravamento, fino ad esiti finali costituiti dall’insorgenza di una nuova patologia o dal decesso del paziente. (Cassa con rinvio, App. Perugia, 12/10/2006)[2];

iii: In ossequio al principio della domanda ex art. 99 cod. proc. civ., allorché il paziente danneggiato – proponendo una tipica domanda relativa ad un diritto eterodeterminato – invochi come fonte della responsabilità civile medica la violazione dell’obbligo di acquisire il suo “consenso informato” in ordine ai trattamenti sanitari, e dunque l’inadempimento di una specifica obbligazione afferente al rapporto curativo, deve escludersi che la circostanza relativa alla mancata acquisizione del “consenso informato”, in difetto di specifica deduzione di parte, possa formare oggetto di rilievo “ex officio” ad opera del giudice. (Principio enunciato ai sensi dell’art. 363, terzo comma, cod. proc. civ.). (Cassa con rinvio, App. Perugia, 12/10/2006)[3];

iv: Una volta iniziato il rapporto curativo, la ricerca della situazione effettivamente esistente in capo al paziente, almeno per quanto attiene alle evidenze del suo stato psico-fisico, è affidata interamente al sanitario, che deve condurla in piena autonomia anche rispetto alle dichiarazioni rese dal paziente in sede di anamnesi, integrando un diverso operare una palese mancanza di diligenza. Ne consegue, pertanto, che l’incompletezza o reticenza delle informazioni fornite dall’interessato sulle proprie condizioni psico-fisiche, ove esse siano accertabili – dal sanitario e\o dalla struttura in cui il medesimo opera – attraverso l’esecuzione, secondo la “lex artis”, della prestazione iniziale del rapporto curativo, non costituisce ragione giustificativa per l’applicazione della limitazione di responsabilità, ai soli casi di dolo e colpa grave, di cui all’art. 2236 cod. civ. (Cassa con rinvio, App. Perugia, 12/10/2006)[4];

v: In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante[5].


[1] Danno e Resp., 2014

[2] CED Cassazione, 2013

[3] CED Cassazione, 2013

[4] CED Cassazione, 2013

[5] Ragiusan, 2014; Ragiusan, 2016