i: In caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione”, proposta “iure proprio” dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola cd. “famiglia nucleare”, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto. (Cassa con rinvio, CORTE D’APPELLO ROMA, 09/10/2012)[1];
ii: Il nipote ex filio ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per l’uccisione del nonno, ove deduca e dimostri l’esistenza d’un rapporto affettivo con la vittima[2];
iii: In tema di risarcimento del danno da uccisione d’un congiunto, la convivenza tra vittima e superstite non è un presupposto legale del risarcimento, ma solo un indizio dal quale desumere la sussistenza d’un vincolo affettivo, ed un parametro in base al quale determinare l’entità del danno[3].
[1] CED Cassazione, 2016
[2] Corriere Giur., 2017
[3] Corriere Giur., 2017