Cass. Civ., Sez. III, (data ud. 11/12/2003) 04/03/2004, n. 4400

i: La chance o concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, non è una mera aspettativa di fatto, ma un’entità patrimoniale e sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, onde la sua perdita, id est la perdita della possibilità consistente di conseguire il risultato utile del quale risulti provata la sussistenza, configura un danno concreto e attuale. Tale danno, non meramente ipotetico o eventuale (quale sarebbe stato se correlato al raggiungimento del risultato utile), bensì concreto e attuale (perdita di una consistente possibilità di conseguire quel risultato) non va commisurato alla perdita del risultato ma alla mera possibilità di conseguirlo[1];

ii: Le obbligazioni inerenti l’esercizio di una attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l’incarico, si impegna alla prestazione della propria opera per raggiungere il risultato considerato, ma non al suo conseguimento. Derisa, da quanto precede, pertanto, che l’inadempimento del professionista alla propria obbligazione non può essere desunto ipso facto dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell’attività professionale e, in particolare, del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio della diligenza del buon padre di famiglia, quello della diligenza professionale, fissato dall’articolo 1176, comma 2, del c.c., parametro da commisurarsi alla natura dell’attività esercitata. In tanto, pertanto, il danno derivante da eventuali omissioni del professionista è ravvisabile in quanto, sulla base di criteri probabilistici, si accerti che, senza quell’omissione il risultato sarebbe stato conseguito, secondo un’indagine riservata al giudice del merito e non censurabile in sede di legittimità[2];

iii: Il danno derivato dall’errata o intempestiva diagnosi medica può essere determinato anche in termini di perdita di chance di sopravvivenza o guarigione[3];

iv: Posto che il danno da perdita di chance è ontologicamente diverso rispetto a quello da mancato raggiungimento del risultato sperato, il risarcimento del primo presuppone una domanda specifica ed autonoma rispetto a quella di risarcimento del secondo[4];

v: L’inadempimento del professionista ed il danno patito dal cliente sono causalmente collegati nel caso in cui venga dimostrato che il cliente avrebbe conseguito il risultato sperato in virtù del diligente adempimento da parte del professionista. Tale accertamento, avendo ad oggetto fatti che non si sono verificati o non possono più verificarsi, deve fondarsi non su un giudizio di certezza assoluta, ma anche soltanto di ragionevole probabilità. Il nesso causale tra la condotta omissiva del medico e la morte del paziente può ritenersi sussistente quando ricorrono due requisiti: a) la ragionevole probabilità che, se il medico avesse tenuto la condotta omessa, il paziente si sarebbe salvato; b) la mancanza di prova della preesistenza, concomitanza o sopravvenienza di altri fattori determinanti il danno finale[5];

vi: In tema di responsabilità medica, costituisce danno risarcibile in favore del paziente o dei suoi eredi non solo la perduta possibilità, in conseguenza dell’omissione colposa da parte del medico, di una guarigione certa, ma anche la perduta possibilità di una guarigione eventuale; quest’ultimo danno, consistente nella perdita della chance di sopravvivenza, è ontologicamente diverso dal danno consistente nella perdita del risultato sperato[6];

vii: Poiché l’obbligazione assunta dall’ente ospedaliero coincide con quella del personale medico alle sue dipendenze, trattandosi di obbligazione di mezzi il mancato conseguimento del risultato sperato non costituisce di per sé inadempimento, potendo però costituire un danno consequenziale al negligente adempimento o alla colpevole omissione della prestazione sanitaria[7];

viii: Con riguardo al nesso di causalità tra l’evento dannoso e la condotta colpevole (omissiva o commissiva) del medico, specie in difetto d’una prova sulla preesistenza, concomitanza o sopravvenienza di altri fattori determinanti, il giudice deve verificarne l’esistenza in concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, di modo che risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva o in ogni caso colpevole del medico sia stata la condizione necessaria dell’evento lesivo con elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica[8];

ix: La perdita della chance, rispetto alla quale l’accertamento probabilistico assurge a criterio determinativo della certezza del pregiudizio subito, costituisce una posta di danno ontologicamente distinta dalla perdita del risultato sperato, rispetto al quale, per contro, le stesse chances substanziano il nesso di derivazione causale dalla condotta colposa[9];

x: L’ente ospedaliero, gestore di un servizio pubblico sanitario, risponde a titolo contrattuale per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica da parte di un proprio dipendente; l’inadempimento del professionista in relazione alla propria obbligazione, che costituisce pur sempre obbligazione di mezzi e non di risultato – e la conseguente responsabilità dell’ente ove questi presti la propria opera – deve essere valutato alla stregua del dovere di diligenza particolarmente qualificato inerente lo svolgimento della sua attività professionale. Ne consegue che è configurabile un nesso causale tra il suo comportamento, anche omissivo, e il pregiudizio subito da un paziente, qualora, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, si ritenga che l’opera del professionista, se correttamente e prontamente svolta, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno verificatosi[10];

xi: In tema di responsabilità del professionista esercente la professione sanitaria, la diagnosi errata o inadeguata integra di per sé un inadempimento della prestazione sanitaria e, in presenza di fattori di rischio legati alla gravità della patologia o alle precarie condizioni di salute del paziente, aggrava la possibilità che l’evento negativo si verifichi, producendo in capo al paziente la perdita delle chances di conseguire un risultato utile; tale perdita di chances configura una autonoma voce di danno emergente, che va commisurato alla perdita della possibilità di conseguire un risultato positivo, e non alla mera perdita del risultato stesso, e la relativa domanda è domanda diversa rispetto a quella di risarcimento del danno da mancato raggiungimento del risultato sperato[11];

xii: La responsabilità della struttura sanitaria per fatto del dipendente ha natura contrattuale, e non discende dal mancato raggiungimento del risultato, bensì dall’inadempimento del dovere di diligenza. Nell’accertamento del nesso di causalità materiale si fa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p. e non è consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità della legge statistica la sussistenza del nesso eziologico[12].


[1] Guida al Diritto, 2004

[2] Guida al Diritto, 2004

[3] Foro It., 2004

[4] Foro It., 2004

[5] Corriere Giur., 2004

[6] Corriere Giur., 2004

[7] Resp. civ., 2004

[8] Resp. civ., 2004

[9] Resp. civ., 2004

[10] Danno e Resp., 2004; Contratti, 2004 nota di LISI; Gius, 2004; Ragiusan, 2004

[11] Danno e Resp., 2004; Contratti, 2004 nota di LISI; Gius, 2004; Ragiusan, 2004

[12] Danno e Resp., 2005