i: Le Sezioni Unite della Corte, chiamate a risolvere alcune questioni di massima di particolare importanza, tra cui quella (oggetto altresì di un latente contrasto di giurisprudenza) in tema di nesso causale, accolgono, quanto alla configurabilità di quest’ultimo in sede civile, la regola probatoria del “più probabile che non”, espressamente adottata, di recente, dalla pronuncia di cui a Cass. 16 ottobre 2007, n. 21619, accantonando definitivamente il criterio dell”‘oltre il ragionevole dubbio” di cui alla sentenza Franzese delle Sezioni Unite penali[1].
ii: In tema di responsabilità civile aquiliana – nella quale vige, alla stregua delle regole di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., il principio dell’equivalenza delle cause temperato da quello della causalità adeguata – il nesso di causalità consiste anche nella regola della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non”; ne consegue che – sussistendo a carico del Ministero della sanità (oggi Ministero della salute), anche prima dell’entrata in vigore della legge 4 maggio 1990, n. 107, un obbligo di controllo e di vigilanza in materia di raccolta e distribuzione di sangue umano per uso terapeutico – il giudice, accertata l’omissione di tali attività con riferimento alle cognizioni scientifiche esistenti all’epoca di produzione del preparato, ed accertata l’esistenza di una patologia da virus HIV, HBV o HCV in soggetto emotrasfuso o assuntore di emoderivati, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell’insorgenza della malattia e che, per converso, la condotta doverosa del Ministero, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento. (Cassa con rinvio, App. Napoli, 5 Aprile 2002)[2];
iii: In tema di patologie conseguenti ad infezione con i virus HBV (epatite B), HIV (AIDS) e HCV (epatite C) contratti a causa di assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, non sussistono tre eventi lesivi, bensì un unico evento lesivo, cioè la lesione dell’integrità fisica (essenzialmente del fegato) in conseguenza dell’assunzione di sangue infetto; ne consegue che già a partire dalla data di conoscenza dell’epatite B – la cui individuazione spetta all’esclusiva competenza del giudice di merito, costituendo un accertamento di fatto – sussiste la responsabilità del Ministero della salute, sia pure col limite dei danni prevedibili, anche per il contagio degli altri due virus, che non costituiscono eventi autonomi e diversi, ma solo forme di manifestazioni patogene dello stesso evento lesivo. (Cassa con rinvio, App. Napoli, 5 Aprile 2002)[3];
iv: La responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, né sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime); ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, primo comma, cod. civ., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche (a tal fine coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui all’art. 4 della legge n. 210 del 1992, bensì con la proposizione della relativa domanda amministrativa). (Cassa con rinvio, App. Napoli, 5 Aprile 2002)[4];
v: Pur essendo indubbio il connotato della pericolosità insito nella pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell’uso degli emoderivati, ciò non si traduce nella pericolosità anche della correlata attività di controllo e di vigilanza cui è tenuto il Ministero della salute; ne consegue che la responsabilità di quest’ultimo per i danni conseguenti ad infezione da HIV e da epatite, contratte da soggetti emotrasfusi per omessa vigilanza da parte dell’Amministrazione sulla sostanza ematica e sugli emoderivati, è inquadrabile nella violazione della clausola generale di cui all’art. 2043 cod. civ. e non in quella di cui all’art. 2050 cod. civ. (Cassa con rinvio, App. Napoli, 5 Aprile 2002)[5];
vi: Il giudice di merito può accertare se, in assenza di altri fattori, l’omissione di vigilanza da parte del Ministero della salute rispetto all’impiego di sangue umano per uso terapeutico presso una Asl possa aver provocato in un soggetto una patologia da virus HIV o HBV o HCV[6].
[1] Corriere del Merito, 2008
[2] Mass. Giur. It., 2008; CED Cassazione, 2008
[3] Mass. Giur. It., 2008; CED Cassazione, 2008
[4] Mass. Giur. It., 2008; CED Cassazione, 2008
[5] Mass. Giur. It., 2008; CED Cassazione, 2008
[6] Giornale Dir. Amm., 2008