Cass. Civ., Sez. III, Ord., (data ud. 18/12/2017) 27/03/2018, n. 7513

In materia di infortunistica stradale

i: In tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del “danno biologico” e del “danno dinamico-relazionale”, atteso che con quest’ultimo si individuano pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente (quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale). Non costituisce invece duplicazione la congiunta attribuzione del “danno biologico” e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione). Ove sia correttamente dedotta ed adeguatamente provata l’esistenza d’uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione (come è confermato, oggi, dal testo degli artt. 138 e 139 cod. ass., così come modificati dall’art. 1, comma 17° della L. 4 agosto 2017, n. 124, nella parte in cui, sotto l’unitaria definizione di “danno non patrimoniale”, distinguono il danno dinamico relazionale causato dalle lesioni da quello “morale”)[1];

ii: La perduta o ridotta o modificata possibilità di intrattenere rapporti sociali in conseguenza di una invalidità permanente costituisce una delle “normali” conseguenze delle invalidità gravi, nel senso che qualunque persona affetta da una grave invalidità non può non risentirne sul piano dei rapporti sociali[2];

iii: Il fatto oggettivo che la vittima a causa dell’infortunio abbia ridotto le proprie frequentazioni con altre persone costituisce un pregiudizio che deve considerarsi “compreso” nel danno alla salute, e conseguentemente nessun risarcimento aggiuntivo spetta alla vittima, oltre la misura base prevista dalla tabella per una invalidità del 38% ragguagliata all’età della vittima[3];

iv: In presenza d’un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere aumentata solo al verificarsi di conseguenze dannose del tutto anomale ed affatto peculiari. Le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l’id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento[4];

v: Il danno non patrimoniale non derivante da una lesione della salute, ma conseguente alla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, va liquidato, non diversamente che nel caso di danno biologico, tenendo conto tanto dei pregiudizi patiti dalla vittima nella relazione con se stessa (la sofferenza interiore e il sentimento di afflizione in tutte le sue possibili forme, id est il danno morale interiore), quanto di quelli relativi alla dimensione dinamico-relazionale della vita del soggetto leso. Nell’uno come nell’altro caso, senza automatismi risarcitori e dopo accurata ed approfondita istruttoria[5];

vi: Qualora, promossa l’azione risarcitoria dalla persona danneggiata in un sinistro stradale, in primo grado l’assicuratore convenuto non abbia negato la sussistenza del danno patrimoniale da lucro cessante (che, nella specie, era stato definito insignificante nella comparsa di risposta ed espressamente ammesso nella comparsa conclusionale), è erronea la sentenza d’appello, nella parte in cui ha ritenuto non provata l’esistenza di tale pregiudizio[6];

vii: In sede istruttoria, il giudice deve procedere ad un articolato e approfondito accertamento, in concreto e non in astratto, dell’effettiva sussistenza dei pregiudizi affermati (o negati) dalle parti, all’uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, opportunamente accertando in special modo se, come e quanto sia mutata la condizione della vittima rispetto alla vita condotta prima del fatto illecito; utilizzando anche, ma senza rifugiarvisi aprioristicamente, il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, e senza procedere ad alcun automatismo risarcitorio[7].


[1] CED Cassazione, 2018

[2] Massima redazionale, 2018

[3] Quotidiano Giuridico, 2018

[4] Nuova Giur. Civ., 2018; Sito Il caso.it, 2018

[5] Nuova Giur. Civ., 2018; Sito Il caso.it, 2018

[6] Foro It., 2018

[7] Sito Il caso.it, 2018