i: In materia di danni da fauna selvatica a norma dell’art. 2052 c.c., grava sul danneggiato l’onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell’animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure – concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema – di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi. (Rigetta, TRIBUNALE L’AQUILA, 30/03/2018)[1];
ii: Ai fini del risarcimento dei danni cagionati dagli animali selvatici appartenenti alle specie protette e che rientrano, ai sensi della legge n. 157 del 1992, nel patrimonio indisponibile dello Stato, va applicato il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2052 c.c. e il soggetto pubblico responsabile va individuato nella Regione, in quanto ente al quale spetta in materia la funzione normativa, nonché le funzioni amministrative di programmazione, coordinamento, controllo delle attività eventualmente svolte – per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari – da altri enti, ivi inclusi i poteri sostitutivi per i casi di eventuali omissioni (e che dunque rappresenta l’ente che «si serve», in senso pubblicistico, del patrimonio faunistico protetto), al fine di perseguire l’utilità collettiva di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; la Regione potrà eventualmente rivalersi (anche chiamandoli in causa nel giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli altri enti ai quali sarebbe spettato di porre in essere in concreto le misure che avrebbero dovuto impedire il danno, in quanto a tanto delegati, ovvero trattandosi di competenze di loro diretta titolarità[2];
iii: Il diritto di proprietà sancito, in relazione ad alcune specie di animali selvatici dalla L. n. 157 del 1992, in capo allo Stato (quale suo patrimonio indisponibile) è idoneo a determinare l’applicabilità del regime oggettivo di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2052 c.c., a pena di un ingiustificato privilegio riservato alla pubblica amministrazione[3];
iv: I danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’art. 2052 c.c., giacché, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della l. n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema. (Rigetta, TRIBUNALE L’AQUILA, 30/03/2018)[4];
v: La responsabilità per il danno cagionato dalla fauna selvatica grava sulla regione, ossia sull’ente cui spettano per legge le competenze normative, amministrative, di coordinamento e di controllo, salva l’azione di rivalsa nei confronti dell’ente che risulti in concreto responsabile, rilevante esclusivamente nei rapporti interni tra le istituzioni titolari della funzione di gestione e di tutela del patrimonio faunistico[5];
vi: La responsabilità per il danno cagionato dalla fauna selvatica ha natura oggettiva, con conseguente onere, in capo al soggetto convenuto nell’azione risarcitoria, di provare l’intervento del caso fortuito ai fini dell’esclusione della responsabilità[6].
[1] CED Cassazione, 2020; Danno e Resp., 2020 nota di BALDASSARRE; Corriere Giur., 2020 nota di SCALERA; Sito Il caso.it, 2021
[2] Giur. It., 2021
[3] Quotidiano Giuridico, 2020
[4] CED Cassazione, 2020; Danno e Resp., 2020 nota di BALDASSARRE; Corriere Giur., 2020 nota di SCALERA; Sito Il caso.it, 2021
[5] Foro It., 2020
[6] Foro It., 2020