Cass. Civ., Sez. VI-3, Ord., (data ud. 15/04/2014) 17/04/2014, n. 8940

i: L’art. 3, comma 1, D.L. n. 158/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189/2012, quando dispone nel primo inciso che “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività, si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità. scientifica non risponde penalmente per colpa lieve” e, quindi, soggiunge che “in tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c.”, poiché omette di precisare in che termini si riferisca all’esercente la professione sanitaria e concerne nel suo primo inciso solo la responsabilità penale, comporta che la norma dell’inciso successivo, quando dice che resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c., dev’essere interpretata “conformemente al principio per cui in lege aquilia et levissima culpa venit – nel senso che il legislatore si è soltanto preoccupato di escludere l’irrilevanza della colpa lieve anche in ambito di responsabilità extracontrattuale civilistica. Deve, viceversa, escludersi che con detto inciso il legislatore abbia inteso esprimere un’opzione a favore di una qualificazione della responsabilità medica necessariamente come responsabilità extracontrattuale[1];

ii: L’ordinanza ai sensi dell’articolo 348-ter c.p.c., sia quando è stata emessa in un caso consentito, sia quando è stata emessa al di fuori dei casi in cui l’ordinamento ne consente l’emissione (che si individuano in quelli esclusi dall’articolo 348-bis, comma 2, e in quello risultante a contrario dall’articolo 348-ter, comma 2), non è impugnabile con il ricorso per cassazione, ne’ in via ordinaria, ne’ in via straordinaria. L’ordinanza non è impugnabile per Cassazione nemmeno sotto il profilo delle spese processuali liquidate dal giudice. Sotto tale profilo il provvedimento di condanna nelle spese eccessivo, pur essendosi formato come titolo giudiziale, si può vedere riconosciuta una forza non dissimile e, dunque, non maggiore, rispetto a quella propria dei titoli esecutivi stragiudiziali e, dunque, si può ritenere – conforme a quanto ritenuto da Cass. n. 11370 del 2011 per le spese del cautelare – che una discussione sull’eccessività delle spese possa farsi in sede di opposizione ai sensi dell’articolo 615 c.p.c., al precetto intimato sulla base dell’ordinanza o all’esecuzione sulla base di essa iniziata. Inoltre, nel caso di condanna per difetto a favore della parte vittoriosa, la sommarietà della decisione, sempre una volta che si sia definita la vicenda per mancato esercizio dell’impugnazione contro la sentenza in primo grado o per effetto della sua reiezione (in caso di accoglimento tutto torna in discussione), giustifica l’eventuale esercizio di un’azione a cognizione piena volta ad ottenere la condanna nella misura giusta[2].


[1] Giur. It., 2014

[2] Sito Il caso.it, 2014