Il “PIÙ PROBABILE CHE NON”

Come sappiamo i rapporti di causalità che occorre accertare sono due: a) la c.d. causalità materiale tra condotta dell’agente e danno-evento; e b) la c.d. causalità giuridica tra danno-evento e danno-conseguenza. 

Funzione tipica della causalità materiale è imputare obbiettivamente l’evento lesivo all’autore della condotta; funzione tipica della causalità giuridica è, invece, selezionare quali tra le diverse conseguenze negative che  possono derivare da un fatto illecito, devono essere effettivamente addossate al danneggiante con il risarcimento del danno (a tale ultimo riguardo si rimanda all’apposita sezione “IL PRINCIPIO INDENNITARIO E LA COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO”).

Per l’accertamento della causalità materiale si usa la c.d. teoria condizionalistica; ad essa si applicherà poi il correttivo delle eccezionali “cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l’evento” ex art. 41[1] co. 2, c.p. E tuttavia, a differenza del diritto penale dove si richiede una probabilità vicina alla certezza, nel diritto civile sarà sufficiente che tale valore sia “più probabile che non” (Cass. civ., Sez. Un., Sent. n. 576/2008). E tra l’altro, sarebbe sufficiente una probabilità relativa e non assoluta del 50% + 1. Un evento dovrà logicamente (e non statisticamente) porsi come antecedente causale con maggiore probabilità rispetto altre possibili cause; da ciò consegue che anche una causa dal basso coefficiente statistico potrà trovare applicazione al caso di specie ove tutte le altre cause fossero ancora più improbabili e non siano concepibili altre possibili spiegazioni (tale valutazione del “più probabile che non” sarà di competenza del giudice). A mente di Cass. civ., Sez. III, Sent. n. 15991/2011 “la disomogenea morfologia e la disarmonica funzione del torto civile rispetto al reato impone, nell’analisi della causalità materiale, l’adozione del criterio della probabilità relativa (anche detto criterio del “più probabile che non”), che si delinea in una analisi specifica e puntuale di tutte le risultanze probatorie del singolo processo, nella loro irripetibile unicità, con la conseguenza che la concorrenza di cause di diversa incidenza probabilistica deve essere attentamente valutata e valorizzata in ragione della specificità del caso concreto, senza potersi fare meccanico e semplicistico ricorso alla regola del “50% plus unum“.


[1] Art. 41 (Concorso di cause) “Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento.

Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita.

Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui”.


Cass. Civ., Sez. III, Sent., (data ud. 18/05/2007) 16/10/2007, n. 21619

Cass. Civ., Sez. Unite, Sent., (data ud. 20/11/2007) 11/01/2008, n. 576

Cass. Civ., Sez. III, Sent., (data ud. 16/03/2011) 21/07/2011, n. 15991

Corte di Giustizia U.E., Sez. II, 21 Giugno 2017, C-621/15

Cass. Civ., Sez. III, Sent., (data ud. 16/02/2021) 27/07/2021, n. 21530