Art. 1176

Libro IV (Delle obbligazioni), Titolo I (Delle obbligazioni in generale), Capo II (Dell’adempimento delle obbligazioni), Sezione I (Dell’adempimento in generale), in particolare:

Art. 1176 (Diligenza nell’adempimento) “Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia”.

Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”.

L’art. 1176 c.c., con la formula “diligenza del buon padre di famiglia” di cui al 1° comma, costituisce un criterio generale di valutazione dell’esecuzione della prestazione riferibile soltanto al debitore, a differenza dell’altro criterio generale, quello della buona fede o correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.), che si applica, invece, sia al debitore che al creditore[1].

La “diligenza” indica in astratto la misura dell’attenzione e della cura che il debitore deve adoperare per eseguire la prestazione esattamente nel modo stabilito[2]. Si intende la diligenza dell’uomo medio e normale, commisurato all’impegno che è ragionevole attendersi da quell’astratto debitore che si comporti secondo il modello del “buon padre di famiglia”, e non di un criterio soggettivo ed individuale, commisurato all’impegno che il singolo debitore, in concreto, è in grado di assicurare, avuto riguardo alle sue capacità e alle circostanze del caso[3].

L’art. 1176, 1° comma si riferisce al comune debitore, che si obbliga non nell’ambito di un mestiere o professione, mentre il 2° comma riguarda il debitore professionale, richiedendo che quest’ultimo esegua la prestazione conoscendo e applicando le regole tecniche richieste da talune specifiche attività professionali (c.d. perizia ed esecuzione a regola d’arte: in questi casi al modello del buon padre di famiglia si sostituisce quello del buon professionista della specialità a cui si dichiara appartenente il debitore)[4].

La diligenza in senso tecnico di cui all’art. 1176, 2° comma, si applica soprattutto nel settore del contratto d’opera professionale (ove vi è anche un riferimento normativo espresso: art. 2236 c.c.), ed in questo ambito la diligenza viene in considerazione in particolare come misura dell’esattezza dell’adempimento contrattuale, nel senso che, pur di fronte all’avvenuta esecuzione della prestazione, il cliente può dimostrare che la prestazione è stata eseguita inesattamente, ossia non in conformità a quelle regole tecniche cui fa riferimento l’art. 1176, 2° comma[5], salva peraltro in questo caso la prova del professionista che l’inesatto adempimento è dovuto ad impossibilità della prestazione per causa non imputabile[6].

Ai sensi dell’art. 1176, che regola normalmente la responsabilità del professionista, il prestatore di opera intellettuale, obbligato ad osservare nell’adempimento dell’obbligazione la diligenza del buon padre di famiglia risponde anche per colpa lieve, mentre, soltanto qualora la prestazione implichi la soluzione di problemi di particolare difficoltà, il professionista è tenuto al risarcimento dei danni unitamente per dolo o colpa grave, essendo in tale ipotesi prevista dall’ art. 2236 – in deroga alle norme generali – l’attenuazione della responsabilità, sicché l’esistenza di tale presupposto deve essere provato dal professionista[7].

Coordinando il criterio dell’impossibilità liberatoria di cui all’ art. 1218 c.c. e quello della diligenza del buon padre di famiglia di cui all’art. 1176 c.c., si ritiene che il debitore non sia responsabile se non ha potuto evitare l’impossibilità della prestazione pur comportandosi con la diligenza di cui all’art. 1176 c.c., ossia, in altri termini, se l’impossibilità non sia imputabile alla mancanza di diligenza (colpa) del debitore.[8]

In ogni caso, regole speciali di responsabilità, che richiedono un parametro di giudizio diverso e più rigoroso di quello di cui all’art. 1176 c.c., valgono, ad esempio, per il vettore nel trasporto di cose[9] (art. 1683, comma 1, c.c.).


[1] BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. Iudica, Zatti, Milano, 1990, 230

[2] NATOLI, L’attuazione del rapporto obbligatorio, II, in Tratt. Cicu, Messineo, XVI, Milano, 1984, 81

[3] DI MAJO, 424; RODOTÀ, Diligenza (dir. civ.), in ED, XII, Milano, 1964, 540

[4] DI MAJO, 430

[5] VISINTINI, Inadempimento e mora del debitore, in Comm. Schlesinger, Milano, 1987, 191

[6] BRECCIA, 490; DI MAJO, 479

[7] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli

[8] BIANCA, Diritto civile, V, Milano, 1994, 16; BRECCIA, 468; NATOLI, 80

[9] ANELLI, Caso fortuito e rischio di impresa nella responsabilità del vettore, Milano, 1990, passim


Giurisprudenza correlata:
“Art. 2051 – Danno da cose in custodia – CASO FORTUITO, INSIDIE E TRABOCCHETTI

Cass. Civ., Sez. III, Ord., (data ud. 18/01/2018) 14/03/2018, n. 6141