Frequente nei contratti di RC è la c.d. clausola claims made, o a richiesta fatta, con la quale si tende a derogare al 1° comma dell’art. 1917 c.c. (“Nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi”). In particolare con l’espressione fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazionesi vorrebbe tutelare l’assicurato dall’illecito civile che si sia perfezionato entro il tempo del contratto di RC, a nulla rilevando la data in cui perviene all’assicuratore la richiesta risarcitoria (a contrario, dunque, non rileva quell’illecito verificatosi prima di assicurarsi, anche se la richiesta risarcitoria perviene nel tempo di esecuzione del contratto).
Con la clausola claims made il rischio assicurato muta: a rilevare sarà non il compimento dell’illecito, bensì la presentazione della richiesta risarcitoria. Si riteneva che con l’apposizione della presente clausola il contratto di RC diventasse atipico. Le clausole claims made permettono alle compagnie assicurative di tenere riserve di fondi molto inferiori a quanto sarebbe altrimenti necessario, ciò ha ricadute positive anche in punto di quantificazione dei premi a carico degli assicurati.
Sono ritenute vessatorie ai sensi dell’ art. 1341 c.c., in quanto riducono l’ambito oggettivo della responsabilità dell’assicuratore fissato dall’art. 1917 c.c.
Le clausole claims sono sussumibili in due grandi categorie: (i) clausole c.d. pure, esse manlevano tutte le richieste risarcitorie inoltrate dal danneggiato all’assicurato e da quest’ultimo all’assicuratore nel periodo di efficacia della copertura assicurativa; senza che rilevi la data di commissione dell’illecito; e (ii) clausole c.d. impure o miste, che prevedono invece l’operatività della garanzia quando sia il fatto illecito che la richiesta pervengano entro la vigenza del contratto – a volte si prevede la retrodatazione della copertura alle condotte anteriori (mediamente di due o tre anni)[1].
Quanto alla discussa validità delle clausole sub II (c.d. impure o miste):
Cass. civ, Sez. Un., Sent., n. 9140/2016 ha enunciato il seguente principio di diritto: “Nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto, o comunque entro determinati periodi di tempo preventivamente individuati (cd. clausola “claims made” mista o impura), non è vessatoria, ma, in presenza di determinate condizioni, può essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero – ove applicabile la disciplina del d.lgs. n. 206 del 2005 – per il fatto di determinare a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e obblighi contrattuali; la relativa valutazione va effettuata dal giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità quando congruamente motivata”.
Tuttavia, Cass. civ., Sez. III, Sent., n. 10506/2017 si è pronunciata in senso difforme dalla precedente Sez. Un., affermando che: “La clausola “claims made” inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un’azienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall’assicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell’assicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ex art. 1322, comma 2, c.c., atteso che realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell’assicuratore, e pone l’assicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione”.
Cass. civ., Sez. III, Ord., n. 1465/2018 ha statuito che “nei contratti di assicurazione contro i danni non è consentito alle parti elevare al rango di sinistri fatti diversi da quelli previsti dall’art. 1882 c.c. ovvero, nella assicurazione della responsabilità civile, dall’art. 1917, comma 1, c.c. Inoltre, nell’assicurazione della responsabilità civile deve ritenersi sempre e comunque immeritevole di tutela, ai sensi dell’art. 1322[2] c.c., la clausola la quale stabilisca che la spettanza, la misura e i limiti dell’indennizzo siano stabiliti non già in base alle condizioni contrattuali vigenti al momento in cui l’assicurato ha causato il danno, ma in base alle condizioni contrattuali vigenti al momento in cui il terzo danneggiato ha chiesto all’assicurato di essere risarcito”. (In ragione dei principi espressi, la Corte ha rimesso il ricorso al Primo Presidente affinché valuti l’assegnazione alle Sezioni Unite per stabilirne la correttezza o meno)[3]. Alla presente ordinanza ha fatto seguito Cass. civ., Sez. Unite, Sent., n. 22437/2018 affermando che: “Il modello dell’assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, che è volto ad indennizzare il rischio dell’impoverimento del patrimonio dell’assicurato pur sempre a seguito di un sinistro, inteso come accadimento materiale, è partecipe del tipo dell’assicurazione contro i danni, quale deroga consentita al primo comma dell’art. 1917 c.c., non incidendo sulla funzione assicurativa il meccanismo di operatività della polizza legato alla richiesta risarcitoria del terzo danneggiato comunicata all’assicuratore (con ciò la Corte ha sancito la tipicità dei contratti di RC “on claims made basis”). Ne consegue che, rispetto al singolo contratto di assicurazione, non si impone un test di meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c. (il giudizio di meritevolezza infatti ha quale presupposto l’atipicità contrattuale; dalla dichiarata la tipicità di tali clausole consegue che l’autonomia negoziale ha trovato il proprio referente nel “tipo” prefigurato dalla legge. Tuttavia occorre osservare che da questo non si esclude la possibilità di operare una verifica in concreto sulla libera determinazione del contenuto contrattuale; ex art. 1322 co. 1, ogni intervento conformativo sul contratto inerente al tipo deve rispettare i “limiti imposti dalla legge”), ma la tutela invocabile dal contraente assicurato può investire, in termini di effettività, diversi piani, dalla fase che precede la conclusione del contratto sino a quella dell’attuazione del rapporto, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili implicati (qui le Sez. Un. intendono che la verifica che il giudice deve compiere sulla libera determinazione negoziale che ha portato alla conclusione in un contratto “on claims made basis” è ad ampio spettro e non si arresta solo alla conformazione genetica dello stesso, ma investe anche il momento precedente alla sua conclusione e quello attuativo[4]), ossia (esemplificando): responsabilità risarcitoria precontrattuale anche nel caso di contratto concluso a condizioni svantaggiose (tale responsabilità precontrattuale[5], che afferisce alla fase prodromica alla conclusione, si verifica ove l’impresa assicurativa non abbia adempiuto gli obblighi informativi in modo trasparente ovvero abbia taciuto informazioni rilevanti; cosicché il contratto risulti in concreto svantaggioso e si possa presumere, sulla base di un giudizio probabilistico, che il contraente si sarebbe altrimenti determinato[6]); nullità, anche parziale, del contratto per difetto di causa in concreto, con conformazione secondo le congruenti indicazioni di legge o, comunque, secondo il principio dell’adeguatezza del contratto assicurativo allo scopo pratico perseguito dai contraenti (la verifica ai sensi dell’ art. 1322, 1° co., riguarda anche la causa concreta del contratto – sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti); conformazione del rapporto in caso di clausola abusiva (come quella di recesso in caso di denuncia di sinistro) (la clausola che attribuisce all’assicuratore la facoltà di recesso dal contratto al verificarsi del sinistro è abusiva perché frustra l’alea del contratto[7])”.
Pertanto, volendo chiudere la trattazione delle clausole claims made c.d. impure con un breve raffronto tra Sez. Un., Sent., n. 9140/2016 e Sez. Un., Sent., n. 22437/2018, notiamo che: (i) a mente delle Sez. Un. n. 9140/2016 il giudice di merito deve operare un sindacato di meritevolezza sulla clausola claims made ex art. 1322, 2° comma: “il giudizio di idoneità della polizza difficilmente potrà avere esito positivo in presenza di una clausola claims made, la quale, comunque articolata, espone il garantito a buchi di copertura”; ovvero determini un forte squilibrio tra le parti; (ii) mentre a mente delle Sez. Un. n. 22437/2018 il contratto è tipico e il giudice, pertanto, non opera il giudizio di meritevolezza ex art. 1322, 2° comma. Residua, tuttavia, una valutazione in concreto ex art. 1322, 1° comma che abbia ad oggetto quanto suddetto. L’analisi del contratto da parte del giudice è stato così ricollocato nel contesto generale di validazione di un negozio liberamente assunto dalla parti.
La giurisprudenza ammette pacificamente la validità delle clausole di cui al punto sub. i (c.d. pure). In una recente pronuncia, la Cassazione (Sez. III, Ordinanza, 25/02/2021, n. 5259), tornando sul tema, ha affermato che nella clausola claims made pura la maggiore alea per l’assicurato di vedersi non indennizzati i sinistri che vengono a verificarsi in prossimità della scadenza della polizza (qualora entro tale termine non venga altresì formulata la richiesta risarcitoria), viene ad essere compensata dalla maggiore alea che grava sull’assicuratore per eventuali richieste risarcitorie presentate dopo l’inizio della efficacia del contratto, per sinistri occorsi anteriormente ad essa: non risultando in tal modo alterato il sinallagma delle prestazioni a carico dei contraenti[8].
[1] R. Giovagnoli – Manuale Diritto Civile 2019
[2] Art. 1322 c.c. (Autonomia contrattuale) “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative.
Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
[3] Corriere Giur., 2018; Nuova Giur. Civ., 2018
[4] R. Giovagnoli – Manuale Diritto Civile 2019
[5] Art. 1337 c.c. (Trattative e responsabilità precontrattuale) “Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”
Art. 1338 c.c. (Conoscenza delle cause di invalidità) “La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto”.
[6] R. Giovagnoli – Manuale Diritto Civile 2019
[7] R. Giovagnoli – Manuale Diritto Civile 2019
[8] Quotidiano Giuridico, 2021
Cass. Civ., Sez. Unite, Sent., (data ud. 26/01/2016) 06/05/2016, n. 9140
Cass. Civ., Sez. Unite, Sent., (data ud. 08/11/2016) 02/12/2016, n. 24645
Cass. Civ., Sez. III, Sent., (data ud. 20/01/2017) 28/04/2017, n. 10506
Cass. Civ., Sez. III, Ord., (data ud. 08/11/2017) 19/01/2018, n. 1465
Cass. Civ., Sez. Unite, Sent., (data ud. 05/06/2018) 24/09/2018, n. 22437
Cass. Civ., Sez. III, Ord., (data ud. 24/11/2020) 25/02/2021, n. 5259