Libro IV (Delle obbligazioni), Titolo I (Delle obbligazioni in generale), Capo III (Dell’inadempimento delle obbligazioni), in particolare:
Art. 1218 (Responsabilità del debitore) “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
La norma di cui all’art. 1218 c.c. rileva in tutti i casi di mancato o inesatto adempimento di una obbligazione; ed anche se tale obbligazione ha una fonte diversa dal contratto. Quale conseguenza della mancata esecuzione il debitore dovrà, pertanto, risarcire il danno.
La disposizione, coordinata con l’ art. 1256 c.c., che prevede l’estinzione dell’obbligazione nel caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione, fissa il criterio legale di distribuzione tra le parti del rischio dell’impossibilità della prestazione, che il legislatore ha posto a carico del creditore[1] (salvo il caso di rapporti sinallagmatici).
Elementi strutturali della fattispecie sono i concetti di: a) inadempimento; b) impossibilità della prestazione; c) imputabilità della causa dell’impossibilità di esecuzione. Per la concretizzazione di tali categorie normative occorre coordinare l’articolo in esame con gli artt. 1256 c.c. (Impossibilità della prestazione), 1176 c.c. (Dovere di diligenza del debitore), 1175 c.c. e 1375 c.c. (Dovere di correttezza-buona fede). Inoltre la regola generale sulla responsabilità deve essere posta in relazione con le disposizioni riguardanti l’inadempimento di singoli contratti, che fanno talora riferimento a parametri differenti da quelli enunciati nell’articolo in esame, quali soprattutto le nozioni di caso fortuito e forza maggiore[2].
Coordinando il criterio dell’impossibilità liberatoria di cui all’ art. 1218 c.c. e quello della diligenza del buon padre di famiglia di cui all’art. 1176 c.c., si ritiene che il debitore non sia responsabile se non ha potuto evitare l’impossibilità della prestazione pur comportandosi con la diligenza di cui all’art. 1176 c.c., ossia, in altri termini, se l’impossibilità non sia imputabile alla mancanza di diligenza (colpa) del debitore.[3] Ciò significa che egli è responsabile in tutti i casi in cui l’impossibilità dell’esecuzione sia conseguenza di un evento che, anche se non causalmente riconducibile ad una sua azione, egli aveva il dovere di scongiurare[4].
Il fatto del creditore può costituire causa di impedimento non imputabile quando il destinatario della prestazione non offra la collaborazione necessaria all’esecuzione, ovvero quando il creditore con il proprio comportamento illecito dia causa all’impossibilità di esecuzione della prestazione, o, ad esempio nei casi di responsabilità per custodia (dove rilevano anche le nozioni di caso fortuito e forza maggiore), concorra alla determinazione dell’evento danno.
Circa la prova dell’inadempimento, si afferma in genere che il creditore deve dimostrare, quale fatto costitutivo della sua pretesa, la fonte del credito, ma non anche l’inadempimento, mentre incombe al debitore allegare, in via di eccezione, e provare l’eventuale adempimento[5].
Seppur variamente modulata, teoricamente, l’unica impossibilità che rileva al fine di esonerare il debitore da responsabilità è quella che possieda i caratteri dell’oggettività e dell’assolutezza. Per fare un esempio recente, segnaliamo che a seguito dell’emergenza determinata dalla diffusione della infezione da COVID-19, il Governo ha adottato una serie di misure contenute nel D.L. 23.2.2020, n. 6 (convertito con L. 5.3.2020, n. 13). Con successivo D.L. 17.3.2020, n. 18, c.d. Cura Italia (convertito, con modificazioni, dalla L. 24.4.2020, n. 27), all’art. 3, D.L. 23.2.2020, n. 6 è stato aggiunto il 6° co. bis che prevede espressamente che “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”. Tale disposizione, che si applica solo nel caso in cui il ritardato o mancato adempimento sia conseguenza del rispetto delle misure di contenimento adottate dal Governo, rappresenterebbe, secondo i primi commenti alla normativa (DI MARCO, L’esonero da responsabilità contrattuale prevista dall’art. 91, comma 1, del Cura Italia, in Quot. Giur., 10.4.2020), una particolare tipologia di causa di forza maggiore, riecheggiando la figura del factum principis, consistente nell’adozione da parte dell’Autorità di un provvedimento che, impedendo o rendendo eccessivamente gravosa la prestazione oggetto del contratto, esclude la responsabilità per l’inadempimento del debitore, sempre che quest’ultimo abbia agito rispettando i principi di buona fede e diligenza di cui agli artt. 1175 c.c. e 1176 c.c[6].
Nel caso di obbligazioni aventi per oggetto un facere, sussiste impossibilità quando l’attività dovuta non sia realizzabile[7]. Le situazioni di carattere soggettivo hanno valenza liberatoria quando, valutate secondo criteri obiettivi, risultino tali da apparire impeditive per qualsiasi soggetto si trovasse in identiche condizioni[8].
Ancora, il concorso tra la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale è in linea di principio ritenuto ammissibile ogniqualvolta un unico comportamento è suscettibile di qualificazione come inadempimento, ossia violazione di un’obbligazione preesistente, e come lesione aquiliana, ossia violazione del generale principio del neminem laedere[9]. Ipotesi di concorso dei due titoli di responsabilità si presentano primariamente nei casi in cui dall’inesatta esecuzione siano derivati danni alla persona, come nel caso del trasporto, ovvero del contratto di lavoro subordinato, laddove il datore di lavoro abbia omesso le necessarie cautele in funzione di prevenzione di infortuni ai dipendenti o nell’attività sanitaria[10].
[1] ALPA, Rischio contrattuale, in CeI, 1986, 619; BESSONE, Adempimento e rischio contrattuale, Milano, 1969
[2] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli
[3] BIANCA, Diritto civile, V, Milano, 1994, 16; BRECCIA, 468; NATOLI, 80
[4] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli
[5] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli
[6] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli
[7] MEMMO, 904
[8] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli
[9] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli
[10] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli
Giurisprudenza correlata:
“Art. 2051 – Danno da cose in custodia – CASO FORTUITO, INSIDIE E TRABOCCHETTI”
Cass. Civ., Sez. III, Sent., (data ud. 19/01/2015) 27/03/2015, n. 6245
“DANNO NON PATRIMONIALE DA LESIONE DEL DIRITTO ALLA SALUTE”
Cass. Civ., Sez. Unite, Sent. (data ud. 24/06/2008) 11/11/2008, n. 26973
Cass. Civ., Sez. Unite, Sent. (data ud. 24/06/2008) 11/11/2008, n. 26974