Libro IV (Delle obbligazioni), Titolo I (Delle obbligazioni in generale), Capo III (Dell’inadempimento delle obbligazioni), in particolare:
Art. 1224 (Danni nelle obbligazioni pecuniarie) “Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura. Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l’ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori”.
Ex art. 1224 c.c. in caso di ritardo nell’adempimento del debito pecuniario, il creditore ha diritto, oltre agli interessi moratori (nella misura legare o nella misura superiore già convenuta dalle parti per iscritto prima della mora ex art. 1284 c.c.), al risarcimento del c.d. maggior danno (ovvero l’uso che il creditore avrebbe fatto del denaro ove fosse stato pagato in tempo)[1].
La giurisprudenza, con Sent. Sez. Un. n. 19499/2008, ha chiarito che tale maggior danno da ritardo è presuntivamente pari, per tutti i creditori (che precedentemente venivano invece categorizzati), al tasso di rendimento annuo lordo dei titoli di Stato non ultrannuali. La presente presunzione relativa (di origine giurisprudenziale), ammette la prova contraria del debitore (deve dimostrare che il ritardo non ha determinato alcun danno, ovvero che ha determinato un danno inferiore al saggio legale) e del creditore (deve dimostrare il danno superiore al rendimento annuo lordo dei titoli di Stato; ad esempio perché costretto a ricorrere al credito bancario, ovvero per mancati investimenti remunerativi)[2].
Con riguardo agli interessi moratori è necessario che il ritardo sia imputabile al debitore. Essi hanno una funzione risarcitoria consistente in una liquidazione forfettaria minima del danno da ritardo nelle obbligazioni pecuniarie[3]. Si distinguono dagli interessi corrispettivi, ossia quelli che si producono di pieno diritto sui crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro (art. 1282 c.c.)[4]. La giurisprudenza individua un’ulteriore categoria di interessi, c.d. “interessi compensativi” (previsti dall’art. 1499 c.c. e che prescindendo sia dalla mora che dalla liquidità)[5].
Si è posto il problema se il debito dell’assicuratore debba qualificarsi come debito di valore o debito di valuta. Prevalente in giurisprudenza è la seconda soluzione.
Tale debito assolve la funzione reintegrativa della perdita subita dal patrimonio dell’assicurato ed è pertanto suscettibile di automatico adeguamento alla stregua della sopravvenuta svalutazione monetaria; la previsione di un massimale come limite della responsabilità dell’assicuratore è inidonea a trasformare l’obbligazione di risarcimento del danno in quella di pagamento di una somma determinata.
A tal riguardo si segnala un costante orientamento della giurisprudenza a mente del quale: “Nell’assicurazione della responsabilità civile, l’obbligazione dell’assicuratore ex art. 1917 c.c. costituisce debito di valuta e non di valore, il quale sorge quando sia divenuto liquido ed esigibile il debito dell’assicurato nei confronti del danneggiato; tuttavia l’assicurato, che a causa del ritardo nella liquidazione del danno debba pagare al terzo danneggiato una somma maggiore di quella che avrebbe corrisposto all’epoca del sinistro, va indennizzato del pregiudizio derivante dalla svalutazione monetaria, causato dal ritardo nella liquidazione, anche oltre i limiti del massimale. È però necessario, a tale fine, che l’assicurato ne faccia esplicita tempestiva richiesta, non potendo la relativa domanda ritenersi implicita nella chiamata in causa dell’assicuratore da parte dell’assicurato stesso nel corso del giudizio instaurato dal terzo danneggiato, né potendo tale domanda essere proposta per la prima volta in appello”.
[1] R. Giovagnoli – Manuale Diritto Civile 2019
[2] R. Giovagnoli – Manuale Diritto Civile 2019
[3] BIANCA, 193; BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. Iudica, Zatti, Milano, 1991,324
[4] BRECCIA, 316
[5] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli
Giurisprudenza correlata:
“DANNO NON PATRIMONIALE DA LESIONE DEL DIRITTO ALLA SALUTE”
Cass. Civ., Sez. Unite, Sent. (data ud. 24/06/2008) 11/11/2008, n. 26974
“PRINCIPIO INDENNITARIO E LA COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO”
Cass. Civ., Sez. III, Sent., (data ud. 11/03/2014) 13/06/2014, n. 13537
Cass. Civ., Sez. III, Ord., (data ud. 12/01/2017) 22/06/2017, n. 15535
Cass. Civ., Sez. III, Ord., (data ud. 12/01/2017) 22/06/2017, n. 15536
“IL DANNO NON PATRIMONIALE DA LESIONE DEL c.d. “BENE VITA”
Cass. Civ., Sez. VI-3, Ord., (data ud. 18/10/2018) 13/12/2018, n. 32372