Art. 2054

Libro IV (Delle obbligazioni), Titolo IX (Dei fatti illeciti), in particolare:

Art. 2054 (Circolazione di veicoli) “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subìto dai singoli veicoli. Il proprietario del veicolo o, in sua vece, l’usufruttuario o l’acquirente con patto di riservato dominio, è responsabile in solido col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà. In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo.

Ex art. 2054 c.c. “(co. 1) Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. (co. 2) Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subìto dai singoli veicoli. (co. 3) Il proprietario del veicolo o, in sua vece, l’usufruttuario o l’acquirente con patto di riservato dominio, è responsabile in solido col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà. (co. 4) In ogni caso le persone indicate dai commi precedenti sono responsabili dei danni derivati da vizi di costruzione o da difetto di manutenzione del veicolo”.

Il 1° comma dell’art. 2054 c.c. obbliga il conducente a risarcire “se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”. Ta tale affermazione si afferma la che la responsabilità del conducente ha un contenuto oggettivo: l’aver fatto tutto il possibile per evitare il danno significa che esso si è prodotto indipendentemente dal comportamento soggettivo dell’agente, che deve essere imputato al caso fortuito o alla forza maggiore. Il conducente infatti non si libera con la prova di aver posto in essere un comportamento ineccepibile, avuto conto delle circostanze di tempo e di luogo del sinistro; è necessario che egli fornisca l’indicazione di una causa esterna alla sua sfera di comportamento che abbia i requisiti dell’eccezionalità, inevitabilità ed imprevedibilità, la quale può anche risultare dall’accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell’evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente[1].

La presunzione di eguale concorso, fino a prova contraria, dei conducenti in caso di sinistro ex 2° comma, ha funzione sussidiaria nel caso in cui le risultanze probatorie non consentono di accertare in modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l’evento dannoso e di attribuire le effettive responsabilità del sinistro. L’accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l’altro dalla presunzione della concorrente responsabilità di cui all’art. 2054, 2º co. nonché dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

La prova del nesso di causalità si risolve nella prova di un comportamento del conducente contrario alle norme, generiche e specifiche, che regolano la circolazione stradale[2].

Il 3° comma ha una funzione di garanzia per le vittime della strada, le quali le quali possono così rivolgersi in solido nei confronti di due soggetti[3], ovvero il conducente ed il proprietario del veicolo. La responsabilità del proprietario è una responsabilità indiretta, il cui fondamento si ravvisa nella qualità di proprietario o nella relazione tra il veicolo ed il soggetto che ne ha la disponibilità giuridica, che può esprimersi nel divieto di farlo circolare[4].

Il proprietario del veicolo non si libera da responsabilità dimostrando che la circolazione è avvenuta senza il suo consenso, ma è necessario che detta circolazione sia avvenuta contro la sua volontà, la quale deve estrinsecarsi in un concreto comportamento, specificamente idoneo a vietare ed impedire la circolazione del veicolo. La valutazione della diligenza del proprietario e della sufficienza dei mezzi adottati per impedire la circolazione del veicolo va compiuta secondo un criterio di normalità ed in relazione al caso concreto.

Dal 4° comma deriva una responsabilità oggettiva dal momento che l’unica prova liberatoria concessa è quella diretta a negare il rapporto causale tra i vizi di costruzione o i difetti di manutenzione da una parte, e l’evento dannoso dall’altra, quindi la prova di una causa estranea cui addebitare il sinistro[5].

La colpa (il comportamento del responsabile) è irrilevante nella struttura della fattispecie. Ciò è chiaro nel vizio di costruzione, che non può certo addossarsi a colpa del proprietario. Il difetto di manutenzione potrebbe invece far pensare ad una forma di negligenza; ma anche in tale ipotesi l’esistenza o meno in concreto della colpa nella manutenzione non rileva ai fini della responsabilità, che sorge sulla base del solo nesso causale tra difetto e danno.

Al danneggiato incombe l’onere di dimostrare l’intera fattispecie dannosa, compresa l’esistenza del vizio o del difetto ed il relativo nesso di causalità con l’evento; mentre le persone indicate dall’art. 2054, 4° co., che intendono esimersi dalla responsabilità devono provare che il danno è dipeso da causa diversa.


[1] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli

[2] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli

[3] FRANZONI

[4] Codice Civile commentato a cura di G. Bonilini, M. Confortini, C. Granelli

[5] VISINTINI


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